THIS IS US: quei buoni sentimenti che ci fanno tanto piangere

Capita, sotto Natale, di essere più inclini alle lacrime. Lo si è di più se istigati da telefilm, come THIS IS US che ti fanno ricordare il passato, i valori della famiglia, quegli elementi fondanti che ci rendono negli anni quello che siamo.

this-is-usTHIS IS US è la serie della NBC- in onda ancora su Fox Life, la rete più sensibile fra quelle dell’ammiraglia Sky- che ti fa ragionare su quanto ciò che siamo non è altro che la somma delle nostre esperienze e del nostro modo di crescere; siamo  il risultato delle nostre adolescenze, vissute in connessione con coloro che ci hanno messo al mondo o che ci hanno semplicemente cresciuto e dai fratelli che ci hanno ronzato attorno.

thisisusInTHIS IS US si racconta di una giovane coppia che negli anni ’80 ha messo al mondo tre figli: uno morirà dopo poche ore di vita e verrà sostituito da un trovatello di colore.
In un andirivieni temporale (tanto caro alle web series da The Affair a Westoworld ) si raccontano sia le vicende della giovane coppia degli anni ’80 che dei tre figli ormai cresciuti (il bimbo adottato diventa un uomo di successo in cerca del padre naturale, i due gemelli rispettivamente un attore di fiction in cerca di cambiamenti ed una donna obesa in lotta col proprio corpo).

THIS IS US -- "The Game Plan" Episode 105 -- Pictured: (l-r) Mandy Moore as Rebecca, Milo Ventimiglia as Jack -- (Photo by: Ron Batzdorff/NBC)
THIS IS US — “The Game Plan” Episode 105 — Pictured: (l-r) Mandy Moore as Rebecca, Milo Ventimiglia as Jack — (Photo by: Ron Batzdorff/NBC)

Fra i migliori Milo Ventimiglia nelle parti del padre di famiglia, realistico, intenso e ben sostenuto da una sorprendente Mandy Moore, credibile ed efficace anche nelle scene drammatiche.

this_is_us_tv_series_title_cardCommuove in questo show, come i ricordi del passato, dei tre piccoli nella loro fase di crescita, si intreccino con le loro evoluzioni da adulti. Seguiamo le loro scelte, veniamo a scoprire che fine hanno fatto quegli splendidi genitori, e ci ritroviamo a pensare che siamo come loro, non solo anagraficamente (chi vi scrive è nato negli anni ’80)  e viviamo anche noi di ricordi e di paura per il presente, vorremmo cambiare il nostro futuro, ma il nostro passato ci perseguita. Cerchiamo una realizzazione ma alla fine è nella famiglia che ritroviamo la nostra vera identità. E sono i padri che ci mancano a farci stare male, sia quelli che cerchiamo che quelli che non ci sono ormai più.
Ed ecco che le scene familiari degli anni ’80, quei padri e quelle madri che credevano nel matrimonio, figli com’erano della generazione che era andata in guerra ed era abituata a lottare, ci riporta ad un’epoca ormai trascorsa che ci manca alquanto.

161014_3116002_the_pool  Ci manca come l’abbraccio di un padre che ci raccoglie sonnolenti da un divano e ci porta a letto mentre scorre la musica di Alexi Murdoch (some day soon)  costringendoci a sognare ancora un po’ perché la vita può aspettare ancora, e maturare rischia di farci vedere scomparire le persone che amiamo, costringendoci a crescere.

Ma aspettiamo e continuiamo a sognare, cullandoci in ricordi di epoche che non torneranno più. Per questo le lacrime servono. E anche i buoni sentimenti di THIS IS US.

Ci appartengono davvero, siamo Noi.

Perchè sono diventato un Annis Del Mar

Lo premetto, mentre scrivo scorre in cuffia la ballata country The Wings della colonna sonora del Film. Sì perché può capitare in una sera d’estate nemmeno troppo calda, che su un canale satellitare emergente (e promettente almeno nelle scelte) compaia “I Segreti di Brokeback Mountain”, con la sua carica omo-country inevitabilmente malinconica e i suoi paesaggi del Wyoming spettacolari, quanto amari (che pure non esistono nella realtà)!

E sebbene il film fosse giunto pigramente all’ultima mezzora e la parte omeorotica sottesa, strisciante ma timidamente espressa da AngLee si fosse consumata già nella prima parte, l’ultima parte, quella veramente triste, è riuscita ancora a colpire nel segno, riportandomi all’ovile della memoria, come una delle pecore di Annis Del Mar.

jakiSaranno state le musiche, saranno stati gli occhi blu di Jake Gyllenhaal, o le larghe spalle del compianto e defunto Ledger a lasciarmi un’ “impronta dura nel cuore”, come quella di uno stivale del Cowboy Jack Twist, eppure, mentre Annis Del Mar rimpiangeva il compagno/amico amato, amore ma mai vissuto per codardia,ottusità e misantropia, ho ripensato a quanto i tempi cambiano e a quanto, ancora più incredibilmente, mi sia trasformato in un piccolo Annis Del Mar, io che ero un Jack Twist senza rimorso.

annis1Era il 2006 quando Brokeback uscì nelle sale. Avevo già letto il libro della Annie Proulx (decisamente più commovente nella sua brevità) , era il mio primo vero anno di singletudine, ed ero rampante e speranzoso. Come il Jack Twist del film credevo che l’Amore fosse coraggioso, che le speranze di costruire qualcosa di alternativo fossero possibili, che “valeva la pena” come si sottolinea nel film, vivere qualcosa di unico e abbattere i muri delle persone. Per questo la figura di Annis del Mar risultava per me triste e lontanissima. E quando aveva perso tutto, nel suo amaro pianto solitario con la camicia stretta dell’amico, intrisa di sangue sulle maniche, ero solito pensare che un po’ se lo era meritato.

Che quelli lì, quelli senza coraggio, se lo meritano di stare da soli a piangere per quanto si sono lasciati sfuggire, per la loro pigrizia emotiva e la loro difficile propensione a vivere secondo il loro cuore .

annis2Non tanto poi per la codardia (come non giustificare la paura di dirsi omosessuale negli anni ’60), quanto per quella misantropia ostinata, quella scelta di restare chiusi solo dentro se stessi, incapaci di aprirsi con chiunque. E ne conosco tanti di Annis del Mar. Alcuni li frequento ancora, altri sono lontani ormai da me.

Eppure ora, dopo dieci anni, sento di essere più vicino di quanto mi aspettassi a quella figura, ad Annis del Mar. Non fraintendiamo. La mia vita sentimentale a differenza della sua è appagata e felice. Non ho scelto di non amare, anzi. Ho vissuto tutto senza vergognarmi di nulla.

Ma sono diventato un Annis Del Mar più in generale con i miei affetti. Annis del Mar non amava esternare le sue emozioni né viverle pienamente. Preferiva allontanarsi da tutto e vivere le proprie assenze da solo. Indurirsi come la pietra delle montagne, anche a costo di rimpiangere le scelte fatte. Non c’è un vero perché, lo si può dare ai contesti di vita, o all’evoluzione naturale della vita e degli affetti.

Eppure ora sono divenuto anche io un po’così. Ho scelto di chiudere i conti con tante persone. Ho fatto dei passi avanti amari. Non mi sono voltato indietro verso quei paesaggi ameni che ritraevano me stesso felice e coinvolgente. E spesso sento di non voler vedere nessuno del mio passato, di restare solo in una baita, o in una roulotte con me stesso e basta. La misantropia.

annis3Ma poi, quando uno si lascia andare ai ricordi, complice una canzone triste, capita come ad Annis, di stringere una camicia di ricordi. Ma non quelli di quelle persone lasciate indietro, quanto del mio me stesso del 2006, quello più spontaneo e coraggioso, quello meno misantropo e arrabbiato. Quello che perdonava e tornava a Brokeback nell’inverno, con la scusa delle pecore, per tentare un avvicinamento ancora, anche con chi, amico o conoscente, non se lo meritava proprio .

Quel me stesso, quello, quel Twist è un uomo da cui non potrò ritornare indietro mai più. Un uomo che mi manca, su fotografie appese nella mia memoria, fra uno strimpello di chitarra ed un motivetto country che ascolto ancora ora, con una grande amarezza di sottofondo ed una sottesa codardia che si mescola nella misantropia di un whisky immaginario, bevuto da solo .

ROMEO E GIULIETTA@Globe Theatre: il mito a colpi di rap

Torna al Globe Theatre il classico “Romeo e Giulietta”, in scena fino al 3 agosto. Imperdibile per gli amanti del genere e incantevole nella cornice elisabettiana del Silvano Toti: questa rielaborazione di Gigi Proietti con la traduzione di Angelo Dallagiacoma si avvale di un cast di giovanissimi e talentuosi, fra i quali spicca senza dubbio Fausto Cabra nel ruolo di Mercuzio (divertentissimo) e Mimosa Campironi (raggiante) nel ruolo di Giulietta. Fausto Cabra dimostra estrosità e schiettezza, e si contrappone al Matteo Viganti che è un Romeo sognatore e romantico, che convince soprattutto nel secondo atto.

La trama viene affrontata con due chiavi di lettura: nel primo atto Romeo e Giulietta perdono l’aplomb seicentesco vestendo i panni moderni: Capuleti e Montecchi sono due band di Verona che si sfidano a colpi di rap e se le danno di santa ragione (buona l’intesa fra gli attori, atletici e pimpanti ma anche scanzonati e in grado di ricoprire un ruolo caratteriale, seppur minimo). Fra rime rap e selfie che farebbero storcere il naso ai puristi, si arriva alla festa in maschera colorata da musiche moderne (ma non troppo), dove Romeo e Giulietta si incontrano, si baciano e già si amano dietro una colonna, con quell’estrema irruenza che è propria dei giovani di ogni tempo.
Nel secondo atto la scena torna all’originale, e si torna a respirare quell’aria di ineluttabile romanticismo shakespeariano che non può essere negato né nascosto, dove Mimosa Campironi troneggia, splendida nella bellezza dell’incarnato, nella voce melodiosa, nell’aspetto tanto giovanile della Giulietta eterna adolescente che perde la testa per il ragazzo sbagliato. Sempre al centro di un fascio di luce angelica, la Giulietta di Mimosa Campironi è anche attratta dal sesso, senza perdere mai del tutto quell’aria virginea che le è propria, anche dopo la notte d’amore con Romeo. Una Giulietta classica che però nei primi atti è anche più ardita, senza però mai eccedere o contraddire troppo l’originale shakespeariano.

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UNA DONNA E IL SUO BAGAGLIO@Teatro Elettra: oltre i falsi moralismi

L’opera, messa in scena dalla Compagnia “Memorie future” con la regia di Danilo Canzanella, non è solo un omaggio al melò ma è densa di riferimenti alla letteratura e al cinema: diversi sono i richiami letterari – da Arthur Miller (il cui nome è diviso fra due personaggi in scena) passando per Tennesse Williams (suo un riferimento allo Zoo di vetro e “Tennesse” è anche il nome dell’amante del giovane Miller nella piéce) alla cui controversa storia personale si occhieggia discretamente.

 Fra i riferimenti cinematografici, a parte lo stesso Sirk, sono ravvisabili molte atmosfere che vagheggiano il crudele contesto sociale dell’America anni 50, tanto da far venire in mente “Lontano dal Paradiso” di Todd Haynes, dove il perbenismo della middle class americana si scontrava con il rancore ed il pettegolezzo distruttivo dell’altrui reputazione.

Particolarmente interessante è infatti la scelta drammaturgica di alternare sulla scena momenti del passato e del presente della vita dello scrittore, frammenti di vita che finiscono quasi per confondersi con la trama di “Passing Love”, la serie tv di successo ideata dallo stesso Miller e ispirata alla sua infanzia. Questo andirivieni nel tempo narrativo potrebbe forse fuorviare, ma è essenziale alla comprensione del testo, e molte sono le spiegazioni che vengono fornite per comprendere il dipanarsi della trama, sebbene l’uso continuo di metafore e similitudini e di dialoghi anche piuttosto lunghi e carichi di pathos, a volte portano fuori strada ostacolando, talvolta, la comprensione del tutto.

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L COME ALICE@Teatro Studio Uno: i difficili giochi linguistici dell’Inconscio

Un testo surreale e difficile: potremmo sintetizzare così “L come Alice”, in scena fino al 1 giugno al Teatro Studio Uno. In realtà è molto di più: è un brillante tentativo di mescolare le suggestioni vittoriane del romanzo “Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò ” di Lewis Carroll (nella rielaborazione che ne fece il commediografo Antonin Artaud), con la video arte, in una chiave davvero accattivante. Concettuosa a tratti e densa di richiami filosofici-linguistici al filosofo Deleuze, ma anche estremamente divertente.

Lo spettacolo, che non si affida ad una trama specifica, riprende le suggestioni del cosiddetto “Teatro della crudeltà” ideato da Artaud nel quale gesti, luci e musica e testo si fondono senza far prevalere la trama sul resto. La sceneggiatura richiama spesso i nonsense e gli acrostici e i giochi di parole di Carrol (“Da sogni avvinte, le giornate ormai trascorse da sogni avvinte, le estati sono scorse”). L’epoca vittoriana viene letta in una chiave steampunk, ovvero mescolando gli elementi ottocenteschi (a partire dagli abiti della protagonista, estremamente curati), all’arredamento e alle suppellettili, con tecnologie decisamente più moderne. Questa crasi è straniante, a tratti fuorviante ma è anche il punto nevralgico di questo spettacolo, quello più delicato.

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ROMEO AND JULIET POST SCRIPTUM@Teatro Orologio: l’Amore indissolubile stretto al polso

In questa versione, Romeo e Giulietta sono dunque vivi hanno deciso di fuggire insieme. Ma prima di partire, i due si smarriscono nelle proprie paure, quelle di due ragazzi contemporanei che un po’ non si trovano, un po’ si desiderano, un po’ vogliono fuggire da un contesto familiare soffocante, un po’ non hanno coraggio, ma si amano, questo sì e pure disperatamente.

Sono queste le premesse dell’opera di Annika Nyman, già presentata anche al Festival dei due Mondi di Spoleto nel 2013 e qui riadattata da Georgia Lepore che ha curato la traduzione del testo in modo attento e preciso, con un gran lavoro di cesello sui termini ed i significati originali. Sulla scena una vibrante Selene Gandini ed un affascinante Giovanni Anzaldo: emozionanti, incisivi, sperduti come due ragazzi di oggi che hanno a che fare con le pulsioni sessuali, con un difficile rapporto coi propri genitori, con la propria rabbia interiore. Con il bisogno di essere salvati dalle proprie paure e debolezze.

Essenziale in questo dialogo di quasi 50 minuti l’alchimia fra i due attori che si squadrano, si accusano, si spingono e si strattonano, infine sfogando sul pavimento – in uno dei momenti più rabbiosi e toccanti- quel disappunto per il fatto di non riuscire davvero a capirsi e salvarsi.

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QUESTO NON È PAESE@Teatro Spazio Uno: un noir sul lato oscuro dell’animo umano

Si tratta di un giallo ben scritto, non cervellotico ma nemmeno scontato: gradevole e dai profili tragicomici, dove ogni battuta ironica e disarmante del bravo Caprara basta a smorzare i toni cupi del noir conferendo loro una certa sarcasticità che non guasta affatto ma anzi dà spessore e pregio all’intera piéce.

All’interno dei primi atti si nota una certa ridondanza nelle metafore letterarie-sportive cui si abbandona il Maestro: una “nota alta” che suggerisce però allo spettatore diverse riflessioni sul mondo dello Sport come metafora di vita, dagli incredibili parallelismi con il mondo della Letteratura e della Poesia.
La Marlon, nel ruolo della fidanzata del giornalista, risulta conturbante anche senza volerlo, statuaria e bellissima si muove leggera sulla scena riempiendola di fascino, come un profumo che non va mai via. Ed è lei il perno involontario di tutto il giallo, la chiave per la via di fuga da un mondo corrotto, la speranza che le nuove generazioni non si lascino incantare dalle lusinghe del potere.

Ma non tutte le lusinghe del potere sono raccolte, ed è significativo che proprio una ragazza straniera e non italiana, lontana dai fasti nostrani e dal passato duro e nient’affatto felice, sia l’unica rappresentate di una rivolta autentica allo status quo, un moto di ribellione spontaneo ai poteri forti, un’intraprendenza che non è la stessa del suo fidanzato giornalista (anche lui affascinato dal successo e preda di facili idealismi.) ma la porta a scegliere la via più difficile, quella più estrema, per ristabilire l’Ordine e la giustizia sociale.

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THE WHITE ROOM@Teatro Tordinona: risate fra follia e solitudine

Si tratta di un’opera breve e divertente che lascia molte risate e qualche piccola lacrima nel volto dello spettatore che non si lascia troppo incantare dalle caricature difficili che l’attrice mette in scena.

Il titolo dello spettacolo fa riferimento ad una “white room”, una stanza pensata come un foglio bianco, realizzata inserendo sulla scena dei teli bianchi che disegnano le pareti ideali di una stanza dove prende vita l’estro creativo della Gramaglia, trasformista, comica, incisiva, quasi folle ed eppure terribilmente spassosa.

Quest’opera è infatti in bilico fra il riso e il pensiero. La Gramaglia interpreta dei personaggi che evidentemente le sussurrano delle emozioni contrastanti: le prime cinguettano teatralmente, gridano e si infuriano; l’ultima, Gelsomina, sussurra, è ripetitiva e tragica, come nella maschera felliniana.

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SO TUTTO SULLE DONNE@Teatro Testaccio: un sorriso sulle tenere fragilità maschili


Al Teatro Testaccio va in scena fino al 18 maggio “So tutto sulle donne” una commedia di Marco Falaguasta, per la regia di Marco Fiorini, un’occasione per ridere e sorridere in compagnia di cinque giovani attori su ciò che gli uomini credono, spesso a torto, sulle donne.

Il testo diverte, e tanto, il pubblico del Teatro Testaccio che applaude a buon ragione: su quel palco si agitano tanti “noi stessi”, tanti “nostri amici” con cui abbiamo parlato fino a notte fonda almeno una volta nella vita e che ora ci troviamo qui rappresentati e un po’ sbeffeggiati. Il passo versol’immedesimazione e la risata facile è dunque breve. Tanto più se nelle debolezze e confusioni di questi adolescenti-uomini troviamo traccia di ciò che (ancora in parte) pensiamo sull’altro sesso.

sui cliché e i luoghi comuni derisi bonariamente, ruota tutto lo spettacolo che procede piacevolmente anche grazie ai quattro attori (Luca Latino, Flavio Moscatelli, Ezio Passacantilli, Andrea Carpiceci) ognuno dei quali dà prova di grande autoironia, buon uso del dialetto a fine comico; i quattro improvvisano persino qualche siparietto (a volte troppo prolungati) per spezzare la narrazione scenica che si svolge in un unico contesto spazio-temporale: la piazza, luogo di unione e condivisione dove l’amicizia maschile, la complicità e le confidenze sul sesso dominano la scena senza lasciare diritto di replica, fino allo sdegnato “ripudio” del mondo femminile.

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CON AMORE MARC E BELLA CHAGALL@Teatro Studio Uno: uno sguardo Luminoso ai Sogni nell’oscurità della Storia

Un’opera intensa e appassionata, potrebbe definirsi così “Con amore Marc e bella Chagall”, il testo scritto e diretto da Valentina D’Andrea, in scena fino al 27 aprile al Teatro Studio Uno. Si tratta di un’opera preziosa, che fa luce sulla vita del pittore ebreo bielorusso, naturalizzato francese, Marc Chagall e di sua moglie, un racconto d’amore immerso nella storia più crudele del novecento dove le due guerre mondiali, la rivoluzione russa e l’avvento del nazismo fanno da sfondo “rumoroso” ad un amore che si affianca, senza sovrapporsi, alla passione del pittore per la propria arte.

Completamente a loro agio sul piccolo palco del Teatro Studio Uno, Castano e D’Andrea commuovono e incantano con la semplicità pura di un amore delicato e difeso contro la Storia, mostrandosi come “due gocce nel mare, perdute nel Mondo”, una coppia inossidabile in cui ognuno dei due “porta sotto le scarpe la propria Terra, attaccata alle scarpe”, (un riferimento alle origini ebraiche della coppia) e si batte per quella Libertà espressiva, sentimentale e sociale messa alla prova dal trasecolare degli Eventi del novecento.

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CICLOPI-TERRA DI NESSUNO@Teatro Abarico – La gabbia e l’inquinamento dell’Anima

E’ andato in scena il 17 e 18 aprile al Teatro Abarico, nel cuore di San Lorenzo, Ciclopi – Terra di Nessuno per la regia di Paola Tarantino, uno spettacolo curioso e interessante e dalla forte connotazione di denuncia sociale e ambientale.

Le interpretazioni dei giovani attori Carolina Cametti, Massimiliano Frateschi, Emanuela Valiante, Fausto Morciano, sono piuttosto estremizzate e grottesche; i personaggi risultano fin troppo caratterizzati al punto di rendersi volutamente odiosi e nevrotici, fastidiosi e ripetitivi.
Eppure è quella la strada giusta rispetto al tema scelto e alla volontà registica di estremizzare una reale denuncia sociale: quella dell’inquinamento ambientale e culturale della nostra società che si rinchiude in se stessa, in Gabbie costruite appositamente per i propri componenti, i quali si infischiano degli altri e del mondo circostante al punto di non comprendere più i reali confini della realtà. 


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Addio Marquez… Cent’anni di magia sulla strada per Macondo

   gabriel_garcia_marquezMuore l’autore del capolavoro che ha inspirato il mio amore per la lettura, “Cent’anni di solitudine” che mi ha fatto inaugurare la prassi di sottolineare le frasi, di ricostruire eventi e personaggi… quelle note a matite sulle pagine che sottolineano la vita di personaggi immaginari rendendolo immortali

E’ stata la prima notizia che ho sentito stamani, “Marquez è morto”, ed io aprivo gli occhi dopo un sonno fastidioso, breve e profondo, come quelli che capitano quando al mattino presto ti svegli per errore e ti riaddormenti subito. E così ho pensato. “No, Non è così”. Poi quando il Tg ripete la notizia, nella solita litania televisiva del primo mattino, capisco che è vero e decido di svegliarmi. E penso, “è già immortale”.

MACONDOE per tutta la mattina ripenso a Macondo, a Cent’anni di Solitudine al sonno di José Arcadio Buendía per me quasi un eroe, che sogna Macondo, una città che ancora non esiste e che svegliatosi, deciderà di fondarla vicino ad alcuni fiumi: una città immaginaria nella quale vivranno 17 generazioni di discendenti ed un numero spropositato di amici/nemici- avventori, mistici e puttane, figure straordinarie, immortali, almeno nella mia memoria (Come dimenticare Pilar, ma anche la mia preferita Rebecca, la figlia reietta che si succhiava il dito e mangiava la terra).

Un libro meraviglioso “Cent’anni di solitudine”, un libro che DEVE essere letto e non solo perché racchiude quel “realismo magico” che  fece scuola, ma anche perché racchiude una straordinaria riflessione sul Tempo, sulla sua ciclicità, sulla ripetitività della Storia e degli Avvenimenti. Marquez quasi ci conduce ad una consolazione: la Solitudine in cui ci costringe il Tempo, quando tutti muoiono ci viene ripagata con l’Immortalità nelle menti di chi viene dopo di te e tramanda il tuo ricordo. Il Destino è scritto, quasi impresso dentro un Codice, che anche nel Libro viene ritrovato e che racchiude il Destino di una Famiglia travolta dalla Storia.

alberogenealogicoSono grato a Marquez, perché riconduco proprio a “Cent’anni di Solitudine” il mio innamoramento per la lettura. Lo lessi tre volte, la terza mi divertii a fare tutta la genealogia dei Buendia. Un albero genealogico che trovavo sconvolgente, su cui mi arrovellai, segnando con la matita tutti i nomi che comparivano nelle pagine, di uomini e donne immaginari.

Così mi sono innamorato della lettura e delle note a piè di pagina, nel sottolineare i Passi dei Libri, e credo anche a cercare il significato degli Avvenimenti narrati.

Dopo “Cent’anni”lessi non solo altri suoi romanzi, ma anche quelli di diversi colleghi sudamericani allora in voga: su tutti la Allende (l’unica a darmi i brividi immaginari di marquez) , ma anche Sepulveda (non emozionante) e Cohelo (a tratti sopravvalutato) . E su ognuno di loro c’era una nota, una linea sottolineata, una orecchietta, per segnalare il mio passaggio.

Perché ecco, credo che il grande insegnamento di Marquez sia statolibroaperto proprio questo: fermare il tempo, farlo ruotare intorno a personaggi immortali per non farli morire davvero mai. Come vorrebbe capitare a noi,  o almeno a me che avrei voluto essere parte di quella città immaginaria, Macondo, che esiste per sempre e sempre esisterà nei cuori di chi ha letto  la descrizione di una Immortalità.

Incipit Cent’anni di Solitudine

“Molti anni dopo, di fronte al plotone di esecuzione, il colonnello Aureliano Buendía si sarebbe ricordato di quel remoto pomeriggio in cui suo padre lo aveva condotto a conoscere il ghiaccio. Macondo era allora un villaggio di venti case di argilla e di canna selvatica costruito sulla riva di un fiume dalle acque diafane che rovinavano per un letto di pietre levigate, bianche ed enormi come uova preistoriche. Il mondo era così recente, che molte cose erano prive di nome, e per citarle bisognava indicarle col dito».

Teatro: quell’amante che mi aspetta

Il Teatro mi arricchisce dentro.logo3

Riflettevo qualche tempo fa, che è più
di un anno che sono redattore per Gufetto e caporedattore con orgoglio da settembre, guidando una squadra di persone fantastiche.

reda_gufettoHo fatto un percorso tutto mio tra 2013 e 2014: sebbene il mio lavoro come redattore tecnico sembri un progetto eterno che si ripete però con mutevolezza inconsueta, e sebbene l’amore ci sia e si nutra di esperienze, viaggi e ripitturamenti di casa vari, e gli amici anche ci siano (fra alti e bassi, invidie più o meno celate e incomprensioni incomprensibili), sentivo di aver Fame, fame di arricchimento, di un arricchimento tutto mio …

2014-04-13 18.53.39ed il Teatro e la Critica sono arrivati nella mia vita come uno stimolo a cercare domande che prima nemmeno mi sarei fatto.

Così ogni settimana per un giorno a settimana attraverso la città, mi siedo in un Teatro diverso e con il mio taccuino analizzo, cerco di capire questi spettacoli, questo mondo così libero per natura e insieme schiavo della crisi, questo mondo dove la critica gradualmente sparisce, ma che sembra immortale, che conserva una specie di innata propensione alla sopravvivenza, nonostante la tecnologia, la tv ed il cinema abbiano preso il sopravvento sull’arte in se.

cathedral3Invece io amo il Teatro, mi piace attraversare anche tutta la città nel traffico e ispezionare le zone intorno al teatro per capire la città; perchè capisci molto della città andando in giro per i teatri che dominano la zona;

io amo sedermi alle 21 in un posto che non conosco, assistere ad opere immortali della letteratura classica, o opere nuovissime mai andate prima in scena. Amo i teatri piccoli, quelli Off, quelli che nessuno conosce, quelli che la gente ignora perfino possano esistere.

Adoro andare solo, sedermi e, col mio taccuino in mano, cogliere quei dettagli che non mi arriverebbero in altro modo. Adoro sentire gli stomaci dei vicini brontolare, ascoltare le conversazioni di donne un po’ in là con gli anni, che vengono al teatro con l’amica fissa, i giovani attori che fanno rumore fuori dalla scena, adoro stringere le mani delle ragazze degli uffici stampa, sempre sorridenti, sempre gentili.

heaven_teatrodueAdoro vedere andare in scena milioni di vite diverse,milioni di storie che altrimenti non conoscerei mai. E soprattutto Visito altri universi che non arriverebbero mai alla mia porta.
Per molti il teatro è un impegno occasionale, una serata diversa da tante altre, un “tanto per cambiare”, per me no. Per me è LA SERATA PER ME.  Quel momento dove parlo con me stesso, mi sussurro i pensieri che altrimenti non mi verrebbero in mente, elaboro i problemi che mi riguardano senza pretesa di risolverli.

sipario2La sera del teatro è la mia passione, il Teatro il mio Amante che mi aspetta altrove in roma, altrove da me, che mi conduce per mano per strade che non ho mai visto per pigrizia, che siede davanti a me a cena, che mi fa scorgere la vita degli altri seduti oltre un tavolino, o dall’altro lato della fila di poltrone .

Il Teatro, quella Passione a cui cerco di dare voce e di cui scrivo, sperando che non muoia mai e che sia il mio Amante segreto per tanto tanto tempo.

NELLA CATTEDRALE@Teatro Spazio Uno: come guardare alla realtà?

Riccardo de Torrebruna, attore, autore e regista teatrale di lungo corso ci regala un prezioso riadattamento teatrale di “NELLA CATTEDRALE”, un racconto del grande scrittore Raymond Carver, all’interno della deliziosa cornice del Teatro Spazio Uno di Trastevere fino al 19 aprile. Sulla scena lo stesso Riccardo de Torrebruna, una sommessa Valentina Chico ed un pregiato Emilio Dino Conti.

La piéce è pressoché fedele al racconto originale: siamo in un contesto familiare piccolo borghese americano, moglie e marito in crisi ospitano per cena un professore cieco (amico di lei) che ha perso da poco la moglie. La donna e il professore sono uniti da lunga amicizia e da un ininterrotto scambio di confidenze attraverso dei nastri registrati; il marito diffida del vecchio insegnante e dei suoi sentimenti per sua moglie, ma durante la cena il suo modo di vedere le cose cambierà radicalmente.

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MEDEA@Teatro Eliseo: quell’amore infelice che rende crudeli

Maria Paiato, in scena al Teatro Eliseo fino al 17 aprile ci restituisce una “MEDEA” vibrante e rabbiosa, in una splendida reinterpretazione del furore del controverso personaggio appartenente alla grande tradizione classica greca.

Quello che va in scena al Teatro Eliseo è però una inquietante rilettura di Pierpaolo Sepe del mito (trasposto nella versione di Seneca): sul palco si dibatte una Maiato-Medea intensa e appassionata, portatrice di quel “furor” classico che porta alla perdita del senno, divisa com’è fra la rabbia per la propria condizione di straniera in terra straniera, abbandonata ingiustamente da suo marito Giasone e folle per quelle scelte sbagliate compiute in nome di un amore che, infine, l’ha tradita. E che sente quindi di dover punire, anche col sacrificio dei figli.

Sepe non ci mostra dunque solo Medea, ci mostra tutta la fragilità di un animo ferito, dove il “furor” vince sulla ragione, ma dove anche il più estremo dei sacrifici, quello dei figli, è combattuto, è contrastato, ci costringe a rinchiuderci in un dolore costellato di mille ripensamenti.

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SENZA STELLE@Teatro dei Conciatori: mai smettere di sognare

Ruota attorno alla dicotomia fra sogno e realtà ed al concetto di desiderio, l’opera originale “SENZA STELLE” di Andrea Ciommiento, in anteprima nazionale al Teatro dei Conciatori fino al 23 marzo.

Siamo di fronte ad un’opera che richiama elementi off e sperimentali (utilizzo di coreografie e tecniche recitative non canoniche, assenza di arredi di scena, affido alla recitazione evocativa e per immagini) che parte però da un testo drammaturgico di base: due fratelli si ritrovano alla morte del proprio padre: uno è scappato all’estero con la ragazza di un suo amico per fare il rivoluzionario, l’altro si è chiuso nel mondo della scrittura. Intorno a loro si accalca un gruppo di amici, in tutto sei ragazzi molto diversi, tutti a loro modo sognatori, emblema, ognuno per sé, di un diverso modo di vivere il rapporto con la realtà: c’è chi ha seguito l’onda rivoluzionaria, c’è la sensitiva, c’è chi si è arreso ad una vita dedita al lavoro dimenticando l’Amore (fuggito via) e le proprie aspirazioni.

Ed è proprio su quest’ultimo punto che, almeno negli occhi di chi scrive, è rimasta un’immagine indimenticabile, estremamente gioiosa e carica di senso: quella dei ragazzi tutti intorno ad un immaginario fuoco sulla spiaggia: una di loro, davanti ad una torta immaginaria, si sforza di esprimere il desiderio impossibile di conoscere dieci lingue diverse ed ecco che gli altri, tutti insieme, le suggeriscono diverse frasi: lei le ripete col sorriso sulle labbra e gli altri gliele ripetono fino a quando le luci si spengono, tenendo così acceso il desiderio di non smettere di sognare, mentre le note di“Budapest” di George Ezra chiudono lo spettacolo in un’immaginaria notte senza stelle, sussurrando ad una ipotetica ragazza con cui si vuole scappare via dalla realtà, le parole “But, for you, You, I’ d lose it all” – (Per te, solo per te perderei tutto)- anche il senso della realtà.

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Lunghe e romantiche le notti bianche@Casa delle Culture

Delizioso e ben recitato, il testo delle “LE NOTTI BIANCHE- ricordi di un sognatore” tratto dal romanzo breve del 1848 “Le notti bianche” di Fedor Dostoevskij, è in scena alla Casa delle Culture fino al 30 marzo.
Si tratta dell’opera del grande scrittore russo che meglio rivela quell’animo romantico e sognante indimenticabile reso anche da versioni cinematografiche di indubbio successo (quella di Visconti nel 1957 – Le notti bianche” con Mastroianni) e “Quattro notti” di un sognatore di Robert Bresson (1971).
È difficile rendere a teatro un testo così profondo e romantico senza sconfinare del patetico ma la regia di Capecelatro ci restituisce invece con ironia il ritratto di un uomo fragile che forse non appartiene più a questi tempi, ma che riferisce piuttosto a quella parte di noi uomini che si innamora perdutamente accettando anche la sconfitta. Il testo viene recitato con cura maniacale, con una ricca gamma espressiva che Capecelatro utilizza con fin troppa eccessiva bravura e con un pizzico di ironia, mentre Xhilda Lapardhaja incarna con leggerezza una visione d’amore astratta e capricciosa ma non insensibile e cieca, che si muove eterea su una panchina mobile con quel leggero accento “russo” che ci avvicina al contesto sociale di riferimento.
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COLPO BASSO@Teatro de’ Servi: ultimo match con se stessi

Gianni Clementi, dopo il successo di “Il tempo delle mele cotte? ci regala un nuovo testo dal sapore popolare e spiritoso dal titolo “COLPO BASSO“, ancora in scena al Teatro de’Servi fino al 23 marzo, interpretato dall’inedita coppia Ennio Coltorti- Jesus Emiliano Coltorti (padre e figlio) e con la partecipazione di un azzeccatissimo Germano Gentile.

La vicenda ruota attorno ad una palestra gestita da Cesare, allenatore, figlio del popolo un po’ traffichino e dedito all’organizzazione di incontri di boxe da cui ricavare qualche soldo insieme all’immigrato Yussuff, suo campione emergente. Un giorno si presenta alla sua porta il gracilino Giulio: vuole allenarsi anche lui ma dietro c’è di più.

Si tratta di un testo semplice e ben scritto, intelligente e a tratti riflessivo che si affida spesso al dialetto romanesco per la battuta comica e non rinuncia (sbeffeggiandoli) ai cliché legati al difficile rapporto fra immigrati e italiani (e qui Germano Gentile nei panni di Yussuff da prova di grande ironia, senza scendere nel ruolo “sottomesso” che la figura dell’immigrato riveste in altri contesti).

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2014… i Demons in una notte buia e tempestosa

2013-08-05 20.10.22Era una notte buia e un poco tempestosa quella in cui ho ripreso a scrivere per questo blog dopo tanto silenzio.

Non che abbia taciuto perché la scrittura non mi abbia impegnato, quanto piuttosto perché ho scritto fin troppo su Gufetto, dove il teatro ha assorbito la mia attenzione e le cui recensioni a mia firma potete trovare.

Cosa è cambiato in questo 2014? molte cose: alcuni amici vanno e vengono, un nuovo governo arriva con vecchie e nuove promesse.

Il mio lavoro cambia, diventa più impegnativo e arriva qualche riconoscimento.

Leuca 2013A volte certe persone della mia vita mi mancano. Alcune possono parlare, altre no, altre non vogliono parlare di quanto la vita sappia dividere ciò che un tempo era unito: è così difficile accettare l’idea che prendere strade diverse nella vita vuol dire per forza perdersi? Non può semplicemente significare che l’amicizia vuol dire anche riconoscere che se l’affetto ormai hai capito che è valido, non va messo in discussione, non va buttato via come una scarpa che non senti vada più di moda? Non sono forse le scarpe che ritinei vecchie e affidabili quelle che uno si mette di più?

Ed è forse giusto l’atteggiamento di quelli amici un tempo vicini che d’un tratto spariscono e a volte riappaiono come se nulla fosse? Vi siete mai fermati a riflettere sul peso delle vostre azioni.

Troppi pensieri senza risposta.

DSC00184Nuove canzoni riempiono la mia testa ultimamente, su tutte Demons di Imagine Dragon, una canzone che parla dei propri demoni interiori, di quelle domande che non trovano mai risposta e che ti fanno pensare quanto dei tuoi lati oscuri infici il rapporto con gli altri.

???????????????????????????????Quali sono i miei Demons? sicuramente un certo grado di superiorità che ostento quasi inavvertitamente, E poi,devo ammetterlo una certa asprezza nelle mie parole.

Ed è per questo che ho scritto che almeno in marzo la frase che mi rappresenta è “Le mie parole sono sassi“. In questo blog ho ripreso a raccoglierle. Non so se per gettarle via o levigarle e metterle in tasca, tirandole fuori quando ne vale la pena….

PASOLINI A VILLA ADA@Teatro Tordinona: quei difficili Maestri

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La figura di Pasolini non è facile da definire: ognuno ha “un suo Pasolini”, un’immagine ed un’opinione del grande autore legata o alle vicende di cronaca di cui è stato protagonista, o alla sua produzione artistica sfrontata e rivoluzionaria. Quello che ci regala lo spettacolo “PASOLINI A VILLA ADA” in scena al Teatro Tordinona fino al 23 febbraio è invece un ritratto inedito, personale e a tratti un po’ doloroso e nostalgico, che il poeta Giorgio Manacorda fa del suo grande Maestro (e suo scopritore in gioventù) nonché amico.
a recitazione di Festa è bassa e un po’ monocorde: tradisce emozione, la tradisce tutta, verso un testo che mette soggezione perché sulla scena, sebbene ci sia solo lui a piedi nudi, una panchina e qualche foglia sul pavimento, c’è una presenza ingombrante: quel Pasolini, richiamato incessantemente, quel Maestro severo che osserva senza parole l’allievo che cerca di crescere e che si sente inadeguato rispetto a lui.

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MENECMI@Teatro Parioli: Plauto in salsa napoletana

Si alza il sipario e nel lussuoso teatro Parioli De Filippo rivive ancora una volta la commedia MENECMI  del grande Plauto, riletta e reinterpretata in chiave napoletana da un sempre istrionico Tato Russo, in replica fino al 16 febbraio.

La vicenda si affida al tradizionale gioco plautino degli equivoci: due fratelli gemelli identici, divisi da piccoli si ritrovano per errore a Neapolis, e vengono confusi e scambiati l’uno per l’altro dai propri conoscenti, fino al riconoscimento finale agli occhi del vecchio padre. La commedia è alla base di molte opere successive, ripresa nello schema narrativo anche da Shakespeare per “La commedia degli errori” ed in parte per “La dodicesima notte”.
La performance di Tato Russo, a proprio agio in una delle moltissime repliche che negli anni regala al suo pubblico di affezionati, è una rilettura “napoletana” della commedia degli equivoci plautina: l’ambientazione, l’uso del dialetto, i personaggi vagamente rassomiglianti a quelli della commedia napoletana, suscitano l’applauso del pubblico e le risate – per niente a denti stretti – nonché qualche levata d’occhi al cielo per gli inevitabili scambi di persona,a volte ripetitivi, di cui sono vittime i due fratelli romani Menecmi, trapiantati a Neapolis.

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LOVE LETTERS@Teatro Ghione: un viaggio d’amore a parole

È toccante e appassionata la lettura del testo “Love Letters” di A.R. Gurney portata in scena al Teatro Ghione fino al 26 gennaio, con la regia di Guido Governale e Veruska Rossi.

Paolo Ferrari e Valeria Valeri ci accompagnano con voce bassa e penetrante nei pensieri d’amore di due giovani ragazzi americani del secolo scorso, un viaggio nell’America di fine 900, un amore che parte dall’infanzia, quando Melissa ed Andy cominciano a scriversi bigliettini in classe e che termina all’inizio della vecchiaia. Sul palco anche i bambini della Compagnia Piccoli per Caso (prima compagnia di bambini-attori professionisti in Italia) che interpretano i due ragazzi all’inizio della fitta corrispondenza che li legherà negli anni. 

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SIMON MAGO@Casa delle Culture: il difficile conflitto fra verità e menzogna

Suggestivo il “Simon Mago” messo in scena l’11 e 12 gennaio alla Casa delle Culture, tratto da un adattamento dell’omonimo romanzo di Jean Claude Carriere, che riflette sul complesso rapporto fra magia e spiritualità.

Siamo nella Palestina ai tempi di Gesù: Simon Mago è un predicatore (e di esso testimonia anche la Bibbia negli Atti degli Apostoli) che si fa chiamare “Potenza di Dio”, realizza miracoli (più o meno credibili) e raccoglie una certa frotta di fedeli fra gli ignoranti dei poveri villaggi di Samaria. Fra riti mistici e orgiastici e l’amore per la bella Helena una prostituta di Tiro, la sua fama vivrà alti e bassi fino all’arrivo di Gesù, che ne oscurerà il prestigio e ne metterà in dubbio la reale forza magica.

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E il naufragar m’è dolce in questo mare @ Teatro Lo Spazio

Paola Graziosi ed Elisabetta Arosio portano sulla scena del Teatro Lo Spazio fino al 30 dicembre alcune letture di poesie e lettere di Giacomo Leopardi, accompagnati dal piano di Alessandro Petrolati e dal susseguirsi delle immagini scelte da Massimo Puliani.
Mentre le lettere aprono uno squarcio tutto umano sugli stati d’animo del Poeta, esacerbato dalla sofferenza,le poesie scelte fra cui “Il Passero solitario”, “La Sera del Dì di festa”, “Alla Luna”, “A Silvia” evidenziano quella tensione romantica e pessimistica di cui si fregia la poetica leopardiana. E sono esemplari anche se non esaustive della filosofia “poetica” leopardiana. Il connubio fra lettere e poesie aiuta infatti gli amanti del genere, ma anche i profani, ad avvicinarsi maggiormente a quest’uomo, prim’ancora che al poeta, cercando di scorgere quel sottofondo umano nascosto dietro le poesie che abbiamo studiato sui banchi di scuola.
http://www.gufetto.it/index.php?option=com_content&view=article&id=29027:e-il-naufragar-m-e-dolce-in-questo-mare-teatro-lo-spazio&catid=38:teatro-recensioni&Itemid=114&lang=en

MI PIACI PERCHE’ SEI COSI’ @ Teatro Ghione

Frizzante e furba, la commedia “Mi piaci perchè sei così” al Teatro Ghione merita gli applausi che le vengono tributati a fine spettacolo, perché sfruttando quegli immancabili luoghi comuni sulle differenze fra uomo e donna, senza per questo banalizzarli, fa luce sulle false apparenze di cui si nutrono le coppie moderne.

In una chiave ironica e leggera, lo spettatore finisce per capire che una coppia smette di funzionare quando smette di confrontarsi veramente, e quando ognuno non “si mette più nei panni dell’altro”, né lo segue nelle sue attività. La terapia dei due fidanzatini dai ruoli “confusi” incoraggia i vicini ad accorgersi di quanto certe differenze siano incolmabili, ed il vuoto che lasciano non sia spesso davvero accettabile.

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33 @ Teatro Lo Spazio

Il Teatro Lo Spazio ospita fino al 22 dicembre “33”, spettacolo di teatro danza sul rapporto tra spiritualità e tempi mo
derni, sulle sue declinazioni, sulle storture e le deviazioni dal messaggio originario cristiano.
Proprio nel periodo natalizio questo spettacolo ci spinga a interrogarci sul reale significato di Cristo e del suo insegnamento.
Questa critica allo stravolgimento dei valori operato dalla contemporaneità, orfana e lontanissima del messaggio originario di Cristo e che si appoggia a nuovi Messia, viene resa attraverso un balletto che sfrutta lunghi lenzuoli usati dai ballerini/attori per muoversi, intrecciarsi e contorcersi sulle note house contemporanee in uno scenario quasi irreale e decisamente suggestivo.

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END OF THE RAINBOW @ Teatro Eliseo

Sfrontata e sopra le righe, è questa l’immagine che Monica Guerritore ci regala della grande Judy Garland, in quel ritratto in musical che è “End of the Rainbow”, al Teatro Eliseo fino al 15 dicembre.

Lo spettacolo si sofferma sugli ultimi mesi di vita della grande Diva: siamo a Londra sul finire degli anni 60, il grande impegno musicale nei teatri di Londra sta esautorando la ex “brava bambina” del Mago di Oz, di cui ormai è rimasto solo il ricordo: Judy non è più Dorothy, è una attrice sul viale del tramonto, in preda all’abuso di alcool e farmaci di cui non riesce più a fare a meno per superare la tensione da palcoscenico. Divisa tra l’amore “interessato” dell’ultimo marito, Mickey Deans e l’affetto sincero del pianista gay di fiducia, Anthony, Judy si trascina fra momenti di euforia e grande sconforto fino al drammatico epilogo.

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Il Compleanno @ Teatro Lo Spazio

Inquietante, affascinane e terribilmente dark, così è “Il Compleanno”, seconda parte dell’opera teatrale in due atti “Domestica”, in scena fino al 17 Novembre al Teatro Lo Spazio.

La Regia è sempre affidata al regista e coreografo colombiano Juan Diego Puerta Lopez (già acclamato con La notte poco prima della foresta” e “City Park” di Luca De Bei presentato al Festival Castel dei Mondi di Andria lo scorso agosto). Come nel primo atto – “Il Matrimonio” – anche qui al centro della scena un Tavolo dove si sistemano comodamente quattro sorelle molto diverse, dallo stile gotico e dal trucco pesante, immerse in un’improbabile atmosfera dark che richiama alla mente le ambientazioni di“La Sposa Cadavere” di Tim Burton.

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IL MATRIMONIO @ Teatro Lo Spazio

Un’opera corale e innovativa è “Domestica” del regista e coreografo colombiano Juan Diego Puerta Lopez in scena al Teatro Lo Spazio fino al 17 Novembre. 


Il dettaglio che sorprende in questa resa così squisitamente “cinematografica” nella divisione in due parti, è il coraggioso utilizzo di musiche e canzoni rese dal vivo, spesso piuttosto malinconiche, cantate direttamente sulla scena dalla “Travestita” bravissima, senza l’imbarazzo che spesso si prova sul palco nei teatri italiani (a differenza di quelli d’oltreoceano). Si tratta di canzoni che avremmo sentito in “Tutto su mia Madre”, e che sottolineano i momenti tristi dietro quelle giornate di apparente gioia di un matrimonio...

DETECTIVE MALONE…SUPPONGO @ Teatro Trastevere

Che succederebbe se un personaggio di un testo teatrale diventasse reale e ti aiutasse a finire una sceneggiatura lasciata a metà? È la base di partenza del nostalgico “Detective Malone suppongo”, in scena fino al 3 Novembre al Teatro Trastevere.

Questo continuo richiamo ai cliché moderni e del genere noir è interessante e arguto perché porta lo spettatore attento ad individuare l’elemento che lega l’elemento immaginario alla realtà, quella aspirazione tutta “registica” di perdersi nelle proprie fantasie, quella segreta aspirazione dello scrittore di riconoscere parte di sé nel proprio eroe forte e determinato, quasi un opposto, per così sfuggire alla realtà più triste e crudele (quella della insoddisfazione personale e professionale, o come si vedrà della malattia). Cruciale in tal senso il momento in cui lo sceneggiatore si specchia col suo alter ego il detective Malone, seguendo i suoi gesti nel fumare e la sua posa da duro, un particolare commovente e decisivo dell’Evasione, insita in ogni scrittore.

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Belfast, dal Gigante al Titanic

DSC00269Belfast di metà settembre. Non fa freddo la mattina di un lunedì qualunque, passeggiando per la lunga Donegall Square, proprio davanti al City Hall, il monumento principale della capitale dell’Irlanda del Nord. Sembra impossibile: un tempo questa città era ricordata come un posto pericoloso, anacronisticamente sede di scontri fra cattolici e protestanti, là dove l’IRA preparava i suoi attacchi al governo thacheriano degli anni 80 e solleticava le immortali canzoni degli U2 pre-buonismo umanitario.

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Di questa storia non resta grande traccia. Belfast è una città dal profilo pulito, alti palazzi nel centro tirato a lucido, eleganti palazzi dalle ampie vetrate riempiono la royal street, e strane strutture moderne compaiono nelle stradine vicine alla via centrale,
DSC00293 DSC00297mentre il centro commerciale di Victoria Square, tirato su in una zona abbandonata, rappresenta forse il segno più inequivocabile della voglia di cambiare.Ma la cosa sorprendente di questa città, è il tentativo di valorizzarsi, di sorprendere, anche con mezzi apparentemente scarsi. Sì perché Belfast è un po’ come una vecchia signora inglese che nessuno va a trovare mai. E quando uno ci va, puntualmente la si ritrova un po’ in disordine, quasi fosse in fondo una sua prerogativa, un suo tratto distintivo.

DSC00361Eppure qua e la, si trovano le vere perle di una città che non si arrende DSC00315alla crisi. Il Titanic City Center si nota già
arrivando dal Belfast city Airport (dedicato al Grande George Best): si tratta di una struttura imponente, a pochi passi da un molo. Al suo interno, un museo dedicato al Titanic, sì quello vero che affondò fra le lacrime nei primi anni del secolo scorso, rispolverato più di un decennio fa dai gorgheggi romantici di Celine Dion e dagli occhioni languidi di un efebo Di Caprio per una abbondante Kate Winslet.
DSC00316DSC00329All’interno la struttura futuristica ripercorre con vaste schermate 3d, la storia di creazione e realizzazione del Titanic, per la gioia di qualsiasi ingegnere. Diversi i contributi video dell’epoca e le ricostruzioni delle cabine di prima, seconda e terza classe. Suggestivo, questo museo è stato realizzato meno di due ani fa, affollatissimo, è sicuramente il must da vedere, per chi arriva qui e non ha idea di DSC00365cosa la città abbia in serbo per lui.

Il Parlamento della città  (a sinistra) è invece solitario, in una parte distaccata dalla città, quasi la politica non entrasse mai veramente nella vita di questo Paese che non ama molto i continui riferimenti al mondo britannico di sua Maestà. Molto più meritevole di apprezzamento è l’Università di Belfast,

DSC00490sviluppata con uno stile molto americano, immersa in un quartiere studentesco colmo di locali e di verde, la chiave del rilancio di questa città che anela di aprirsi al mondo esterno.

DSC00404Ma quando si arriva a Belfast, la gira da fare è sulla costa nord, meta di DSC00400molti cast, in particolare quelli del Trono di Spade (carissimo). Vale sicuramente la pena il Carrick a rede, un percorso roccioso sulla costa sferzata dal vento. Un paesaggio maestoso, in direzione della Scozia, con ponti sospesi e percorsi a piedi dove un passo sbagliato ti precipita nel vuoto del mare scuro d’Irlanda.

DSC00431Ma sicuramente una menzione speciale merita il Sentiero del Gigante, unDSC00417 percorso unico nel suo genere in una enorme baia naturale scavata nella roccia lavica: ai lati di questo percorso si alza un’enorme parete rocciosa a forma tubolare, mentre le onde si infrangono schiumando su chiunque si avvicini al mare. Si racconta che il sentiero sia stato creato dal Gigante, per il figlio, per permettergli di oltrepassare il mare e raggiungerlo al di la della costa. Un paesaggio suggestivo, unico, che mi ha fatto sentire alla punta del nostro DSC00416continente europeo così meravigliosamente pieno di suggestioni antichissime, di castelli che si stagliano soli e malinconici, memori di una passata gloria un po’ caduca ed eppure così fiera come il popolo irlandese, o di un’antica distilleria, in una remota regione del nord, che produce il migliore whisky di Irlanda.
Una riflessione su questa terra? l’Irlanda è come il suo whisky, antico, fiero, di tradizione britannica, ma con una sua personalità distinta in attesa di essere scoperto, per assaggiare quei retrogusti inaspettati che proprio non ti aspetti.

Giorni rubati @ Ambiente Lavoro 2013 – Bologna

Unico nel suo genere e di forte impatto emotivo, lo spettacolo “Giorni rubati” il 18 ottobre scorso ha illuminato, letteralmente, la Fiera Ambiente Lavoro 2013 a Bologna, riportando l’attenzione degli esperti e degli operatori del mondo della sicurezza sul difficile tema degli infortuni sul lavoro e sulle terribili conseguenze umane di coloro che ne sono vittima. L’evento è stato organizzato dalla Fondazione LiHS (Leadership in Health and Safety) in collaborazione con l’Associazione teatrale Rosso Levante, e rappresenta una modalità alternativa ed estremamente pregnante, di raccontare la sicurezza.
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Il berretto a sonagli @ Piccolo Eliseo

Piacevolissimo e innovativo l’adattamento della commedia pirandelliana “Il Berretto a sonagli”, in scena al piccolo Eliseo fino al 20 ottobre, con la regia di Francesco Bellomo.
La commedia pirandelliana originale viene qui riletta in una chiave moderna che anticipa, già alla prima scena il momento della cattura del Cavalier Fiorica in compagnia di Nina, in una sorta di flashforward che vivacizza un testo che resta pregiatissimo, recitato in un dialetto comprensibile (quasi magico).
….
Non smette di incantare la recitazione sommessa di Caruso, che ci restituisce un Ciompa riflessivo e caustico, consapevole del tradimento ma allo stesso tempo attento a non alzare mai il tono della voce e della contestazione. Nelle pieghe di una voce bassa e del mormorio intellettuale di Pirandello si coglie quella malinconia dell’essere pirandelliano, immerso nelle apparenze borghesi, attento a non cadere nella trappola dell’ostinazione incarnata da Beatrice, che volendo “rompere” col marito, finisce per ribaltare la sua posizione da vittima a pazza. ….
La recensione completa è disponibile al seguente link

L’arte della truffa @ Teatro Golden

Divertentissimo e applauditissimo, L’ARTE DELLA TRUFFA in scena al Teatro Golden dal 1 al 20 Ottobre, mette in scena una classica commedia degli equivoci che prende di mira quella presunta “rispettabilità” tipica della società alto borghese moderna.
Un uomo d’affari romano, vicino da generazioni alla Curia romana, si vede truffato da un suo ex collega. L’arrivo in casa del cognato, abile truffatore costretto ai domiciliari, gli permetterà di recuperare quanto ingiustamente perduto, non senza mettersi nei guai con l’Alta Curia.
Qual è dunque il confine fra onestà e disonestà? Si chiede questo spettacolo che col suo richiamo al mondo degli appalti e della chiesa ed alle recenti truffe finanziarie e bancarie ci invita a riflettere se non si possa essere un po’ “truffatori a fin di bene”, senza per questo incorrere ad un troppo rigido giudizio divino.
La recensione completa qui

Xanax @ Teatro dé Servi dal 24 settembre al 13 ottobre

Ironico e comicamente “claustrofobico”, lo spettacolo “Xanax”, in scena al Teatro dé Servi dal 24 settembre al 13 ottobre, ci racconta come un ascensore di un ufficio, improvvisamente bloccato, riesca a guarire le debolezze e frustrazioni degli adulti moderni.

La scena si compone di un atto unico, e ci rappresenta proprio un ascensore di una grande azienda, che alla sera tardi di un venerdì come tanti, si ferma, rinchiudendo al suo interno due colleghi d’ufficio, che in realtà non si conoscono poi granché. Durante le ore interminabili prima dell’arrivo dei soccorsi, si troveranno a parlare, a gridare, a confrontarsi e … a scoprire che, seppure molto diversi (lui giornalista di gossip, lei perfettina del settore marketing), i due hanno due cose in comune: le stesse frustrazioni matrimoniali e l’uso degli antidepressivi.

Un dettaglio importante è la vibrante gestualità dei due attori: spesso le mani tremano convulsamente o durante gli attacchi di panico o nei momenti di incontro- scontro tra i due e trattengono,strette i fianchi, nella mimica dei dolori di stomaco. Le stesse mani restano “nevrotiche” anche nei goffi tentativi dei due di spogliarsi per fare sesso e liberarsi, per un momento, dei freni inibitori che un po’ si sono imposti, un po’ hanno cercato come alibi per non pensare ai propri errori.

La recensione completa è disponibilesu Gufetto.it: http://goo.gl/l1MPtr

Recensioni incrociate n.1 – Il lato oscuro

Questo blog ha bisogno di qualcosa di nuovo, mi sono detto, e così ho pensato a questa nuova rubrica per tutti coloro che mi seguono o mi seguiranno. Si intitola Recensioni incrociate, ed ha un suo obiettivo semi-dichiarato. Intrecciare diverse recensioni per voi, in particolare su musica,film, telefilm,arte e teatro, tutto ciò che mi capiterà sotto mano, per dimostrare che tutta la cultura ha quelle CONNESSIONI fondamentali, che ci aiutano a dare un senso al nostro agire, al nostro pensare.
Liberamente ispirata alla rubrica STUFF I’VE BEEN READING di Nick Hornby sul The Believer (di cui sono un grande fan, ma non emulo) ecco per voi la prima delle Recensioni Incrociate, sperando che in essa qualcuno trovi ispirazione, scopra una canzone o un artista (come ha fatto la mia fedele fan Antonella qualche tempo fa) o soddisfi un curiosità o almeno una piccola connessione con qualcosa della propria Vita.

Libri masticati                                              Musica analizzata
Civiltà letteraria di Roma antica                 Birdy – Wings (Fire within- 2013)
Vita da Lettore- Nick Hornby
Senza Passato -Jess Walter

Telefilm Letti                                               Film approfonditi
Dexter 7                                                        La morte ti fa Bella (R. Zemechis – 1992)
The Bridge

Spettacoli Teatrali frequentati
Non appena riapre la stagione…

Civilt_letteraria1

Si comincia sempre con le origini.
Quando
 ero un ragazzino delle superiori, in un pretenzioso e spocchioso liceo privato di Roma, c’era stato assegnato in lettura (obbligata)  un libro che adoravo, benché fosse inviso ai più della mia classe per la sola colpa di essere il “libro in più, o di approfondimento” : lo chiamavamo “Lana Fellin” (il titolo era “Civiltà letteraria di Roma antica ma nessuno lo ricordava mai) e ricostruiva mirabilmente direi, alcuni passi di autori latini e greci con classici della letteratura moderna e contemporanea. Così capitava che ti chiedessi cosa potessero avere in comune Virgilio e Pascoli (o ne prendevi spunto per le famigerate Tesine interconnesse dell’ultimo anno), o Senofonte e Camus, mentre non restavi troppo agghiacciato per le analogie Saffo- Virginia Wolff (ogni epoca ha una lesbica famosa, nel nostro caso è Xena- principessa guerriera).
Ecco. Lana e Fellin mi hanno insegnato a ragionare su quanto il mondo sia connesso e richiami in continuazione alcuni principi e idee di base confrontandole per confutarle o semplicemente RIVISITARLE: così è nata questa rubrica di APPROFONDIMENTO e ricerca di CONNESSIONI.

Una_vita_daLettoreUn altro padre fondatore della rubrica è Nick Hornby cui mi ispiro per la Forma, più che per la Sostanza: recentemente ho terminato Una Vita da Lettore (The complete polysyllabic spree, 2006) e l’ho trovato bellissimo e approfondito, un’analisi impietosa e umoristica della letteratura britannica e americana (ma non solo). Si tratta di una raccolta degli articoli scritti per la rivista The Believer e precede l’analogo  Sono tutte storie (More Baths, Less Talking, 2012), ed io ci naufrago letteralmente dentro, credetemi, è una summa filologica e didascalica della letteratura e, conseguentemente  della società contemporanea. Dei miti della letteratura e degli autori sconosciuti, tutti sotto la lente e la penna impietosa e falsamente bonaria di Hornby.
All’interno di Vita da lettore ho trovato riferimenti ad autori stranieri molto interessanti, da Patterson a Harrys Rober senza dimenticare l’onnipresente Dickens (da segnalare l’analisi di David Copperfield pg 75), indimenticabile!

senza-passato-jess-walterE fra gli autori segnalati da Hornby ho trovato questo autore noir Jess Walter col suo Senza Passato. L’ho cercato in libreria ed ordinato anche in versione tascabile (costerà più inviarlo alla mia libreria che comprarlo in un supermercato, trovandolo per errore). In Senza passato un ex malavitoso entra nel programma di protezione testimoni, e finisce a dirigere un bar notturno frequentato da papponi e prostitute. Continua anche a commettere piccoli reati, non riuscendo a convivere col suo passato oscuro. In realtà l’uomo vorrebbe cambiare vita, decidere addirittura per quale presidente americano votare (un po’ una metafora sul “quale uomo diventerò” una volta cancellato quello che ho sempre conosciuto), ma il passato torna, eccome se torna e la disillusione sul proprio Io oscuro torna sempre a galla. Mirabile la prosa veloce e secca, incisiva in terza persona, impietosa con la realtà americana urbana più degradata degli anni 80. Un tuffo in una narrazione senza fronzoli che si apre all’introspezione del protagonista, perfettamente oscuro e a tratti confuso su ciò che era, ciò che ancora è. 

dexterNon è un caso che leggendo il breve testo di Senza Passato, pubblicato nel libro di Nick Hornby, non abbia potuto non notare le analogie del protagonista di Walter con il nostro Dexter telefilmico.
Ed è forse per questo che la fissa di avere questo libro è diventato un piccolo punto fermo di queste settimane.
Dexter è arrivato alla Settima stagione, e che dire, c’era da tirare a lucido una serie che volge alla conclusione (la prossima è l’ultima stagione). Nella settima stagione che sto attualmente vedendo)  il nostro Dex ritorna alle performance delle prime due stagioni. Oscuro, impietoso, schiavo del suo passeggero oscuro come il protagonista di Jess Walter.
Hanna mcKayDexter Morgan non ha paura della mafia russa a cui ha fatto “uno sgarbo”, teme di più le invettive della sorella che ora “sa tutto” e che gli chiederà di “do what you do”, ovvero l’omicidio di Hanna Mc Kay, la femme fatale della stagione, di cui però Dex è innamorato. Addirittura si parla di “Chemistry” in Dexter, per definire l’Amore, quasi fosse una reazione fra fattori “che una volta messi insieme non possono separarsi”. Una citazione che ben riassume la tensione psicologica di Dex con gli esseri umani, a tratti repulsiva (con la sorella) o attrattiva, e per questa pericolosa, con la inadatta Hanna, avvelenatrice per interesse, ammaliante come una pianta velenosa. 

the_bridge2Ma se parliamo di donne inquietanti non possiamo non notare la protagonista di The Bridge,  capolavoro estivo di Fox Crime, ancora in passaggio sui canali Crime di Sky.
In The Bridge si racconta con una fotografia inquietante e simbolica i delitti “senza nome” che avvengono fra Messico e America, quella zona di passaggio, ben rappresentato da un ponte che collega le due nazioni e da cui passano clandestinamente e non, puttane in cerca di redenzione,malavitosi,spacciatori,emarginati, perseguitati. Trama secca, quasi esangue come nei migliori Crime. Ben scritto, ottimamente recitato e terribilmente REALE tanto è legato alla reale cronaca nera americana. 

The-Bridge-série

Diane Kruger (Troy e Bastardi senza gloria) interpreta Sonya Cross detective americana fredda e distaccata, incapace di mostrare alcuna forma di affettività per gli altri (forse perché scossa dalla morte violenta di una sorella).Dedita solo al lavoro, come Dexter, Sonya Cross di The Bridge è maniacalmente attaccata alle regole, e si troverà a collaborare con un Detective messicano Marco Ruiss (tutto lavoro e famiglia, scarsamente rispettoso delle regole MA NON per questo DISONESTO)  su alcuni casi di morte violenta di giovani donne messicane, schiave della tratta di esseri umani che si svolge proprio al confine tra Texas e Messico. Si intrecciano così le vicende dei poveri emarginati messicani e quelle dei due protagonisti fra cui non c’è alcuna attrazione (così si evitano i cliché alla Bones) . I due rappresentano piuttosto un giusto confronto fra modelli opposti di legalità e visione del mondo.
Sonya Cross è così una sorta di Dexter “dei buoni”,  petulante e dedita alla sua Missione (il Lavoro). Un’anima incapace di provare quella Chimica di cui parla Dexter, in quanto repellente ad ogni forma di contatto ed empatia. 

morte_tifabellaDunque, tutti abbiamo un Passeggero oscuro: c’è chi lo regola come Dexter, chi ci convive come Sonya di The Bridge e chi ci ride su.
Ne “La Morte ti fa bella”, capolavoro di Zemechis del 92, recentemente rivisto, ci si impunta sul nodo Bellezza=Ossessione, ma sullo sfondo c’è un perfido risvolto ironico sul Passeggero oscuro delle due protagoniste, Madeline Ashton ed Helen Sharp (interpretate da  Merly Streep e Goldie Hawnn) che danno forma agli istinti più bassi di una donna, a quel Bisogno di amore, che nasconde anche bisogno di Acclamazione e Riconoscimento, sostenuto da una necessaria Perfezione a tutti i costi, che porta al necessario Calpestio del maschio, per la sopravvivenza e l’affermazione del proprio Io. Il cambio di aspetto, la tensione verso l’eterna giovinezza non è che un emersione di un Io inappagato, non troppo dissimile a quello di Dexter (che si sfoga col sangue delle vittime) e che nel caso delle due Signore, si risolve nella ricerca della Bellezza sempiterna. Si tratta di un’altra Ossessione come quella di Dex per il sangue. E questa oscura Perversione buca sempre lo schermo. Zemechis ci ride su, ma a pensarci c’è una certa tensione distruttiva nella Apparenza: per essa si uccide, o si muore (senza morire mai) piuttosto. E l’ossessione per l’Apparenza è proprio il feticcio del Passeggero oscuro delle due protagoniste, che le porterà alla dannazione, come per Dexter l’ossessione per la Morte.

birdy_wingsIn chiusura sempre sulla falsa riga del tema “Luci-ombre” cito il bel testo di “Wings” ultima canzone della cantante britannica Birdy: si tratta del primo singolo tratto dal secondo album (Fire within – Settembre 2013) dell’artista, rivelazione in Gran Bretagna. Birdy canta da qualche anno ed è conosciuta per lo più su YouTube e per lo più dagli amanti del genere introverso britannico (mi riferisco ad artisti come Ed Sheran e Tom Odell). Ha partecipato (a notte fonda) all’ultimo Sanremo (in pratica ero sveglio solo io ad aspettarla) con il suo singolo di punta del 2012, l’inquietante Skinny Love (fra l’altro usata nel Promo di Private Practice 6), cover di un pezzo orripilante di Bon Iver, e ripresentato in una chiave acustica che lascia senza fiato. Dopo un primo album di cover e pezzi originali, Birdy sta per pubblicare un album di pezzi più maturi e sempre più introversi (in uscita il 23 settembre). con una prosa semplice e suggestiva.

Questo nuovo pezzo, Wings che resta più in testa di altri, presenta alcuni passaggi che mi hanno letteralmente stregato e che mi hanno comunicato questa forte tensione fra Oscurità e Luce .
wings_cast“Quando le luci calano ci sentiamo perduti”  si afferma, ed allo stesso tempo, “Voglio solo stare al tuo fianco”, ricordare i momenti più belli, dove si è ballato sopra le auto, sotto un miliardo di stelle… Se si potesse volare via…
In una prospettiva onirica, il video presenta una festa bizzarra dove i partecipanti sono tutti vestiti in modo eccentrico, in cui Birdy appare in dormiveglia e  frastornata, in cerca di qualcosa, di una dimensione: è questa la condizione dei tanti Dexter e Sonya Cross, vivere in un mondo di normali e sentirsi fuori-posto, incapaci di divertirsi, di lasciarsi andare, alla disperata ricerca di qualcuno che comprenda la nostra insofferenza maestosa al momento in cui le ombre calano e la disillusione faccia posto nel cuore.

Wings –  Birdy

Sunlight comes creeping in                                  La luce del sole arriva strisciante
Illuminates our skin                                                 illumina la nostra pelle
We watched the day go by                                 guardiamo i giorni procedere
Stories of what we did                                        e le storie che abbiamo lasciato
It made me think of you                                         ciò mi fa pensare a te…
It made me think of you

Under a trillion stars                                          Sotto un miliardo di stelle
We danced on top of cars                                abbiamo ballato sopra le auto
Took pictures of the state                                 abbiamo fatto foto del posto
So far from where we are                                 lontano in cui siamo
They made me think of you
They made me think of you

[Chorus]
Oh lights go down                                                   Oh, le luci si abbassano
In the moment we’re lost and found                    In quel momento siamo perduti
I just wanna be by your side                                 Voglio solo stare al tuo fianco
If these wings could fly                                          se queste ali potessero volare

Oh damn these walls                                        Dannate pareti
In the moment we’re ten feet tall              In questo momento siamo a dieci piedi dal suolo
And how you told me after it all                      e come mi hai detto, dopo tutto
We’d remember tonight                               ci ricorderemo di questa notte
For the rest of our lives                                  per il resto della nostra vita

[Verse 3]
I’m in the foreign state                                                                                      Sono in uno stato straniero
My thoughts they’ve slipped away                                                                   I miei pensieri sfuggono via
My words are leaving me                                                                               Le parole mi abbandonano
They caught an airplane                                                                                     hanno preso un aereo
Because I thought of you                                                                                  perchè penso a te
Just for the thought of you                                                                                solo perché penso a te

[Chorus]
Oh lights go down
In the moment we’re lost and found
I just wanna be by your side
If these wings could fly

Oh damn these walls
In the moment we’re ten feet tall
And how you told me after it all
We’d remember tonight
For the rest of our lives

If these wings could fly

[Chorus]
Oh lights go down
In the moment we’re lost and found
I just wanna be by your side
If these wings could fly

Oh damn these walls
In the moment we’re ten feet tall
And how you told me after it all
We’d remember tonight
For the rest of our lives

Estate 2013: quel viaggio dentro Me

L’estate volge al termine. Me ne sto qui, in questa ultima settimana di ferie, lontano dal mio lavoro da redattore, ma la voglia di penna non perdona,e la nostalgia per le vacanze si fa già sentire.

Tonio-Porto CesareoInesorabile come un’onda che cancella le impronte che hai fatto sulla sabbia. E così, con un bel thé freddo al mio fianco ripercorro brevemente alcuni istanti di queste due settimane intense. E devo ammettere che queste vacanze pur nella loro semplicità (una settimana in salento, un’altra organizzata all’ultimo a Tortoreto) hanno racchiuso il vero senso dell’Estate, un senso che mi sfuggiva da diversi anni: ovvero sì un momento di allontanamento generale dal lavoro, ma anche un riavvicinamento a persone, a serate vagamente improvvisate, a schiamazzi per i ristoranti, ad inesorabili passeggiate per bancarelle, che forse da qualche anno mi erano un po’ mancate.

comple2013Rivabella 2013Cominciamo dal Salento. Biagio Antonacci  in Non vivo più senza te (che sto ascoltando ora, e fa tanto estate) dice il vero: chi fa un viaggio in salento “fa un viaggio dentro se” e questo perché il Salento raccoglie diverse suggestioni, tutte diverse e ti fanno un po’ pensare a come vivi la tua vita,a che genere di spiaggia appartieni.
Personalmente appartengo alla spiaggia sabbiosa della prima mattina, quella di Rivabella, dove eravamo ospiti nella casa della collega e amica Giulia. Due passi a piedi, oltre il cancello, ed eravamo in una delle più belle riviere di Gallipoli, quella di Rivabella. Una mattina da solo, dopo il mio 32esimo compleanno ho reso omaggio a quel me stesso che non ha paura di restare solo con la propria ombra, che affronta da solo un mare solitario, per uscirne fresco e vittorioso, pronto ad iniziare un nuovo anno, in questi 30’s così riflessivi, dannazione!

MaldiveSalento2013E poi, sì in Salento ci sono quelle spiagge paradisiache per gli amanti del MaldiveSalento2013mare a tutti costi come Vic, quelle Maldive del Salento che suggeriscono una condivisione di un paradiso alternativo, affollato e chiassoso, coinvolgente ed inevitabile come il suono di una pizzica a tarda sera. Mi sono seduto sul bagnasciuga ed ho ammirato i castelli di sabbia rovinati dal passaggio della folla, come fosse un simbolo perfetto del divertimento salentino, un andirivieni di risate e caldi schizzi di mare cristallini.

Punta Suina2013Ma i paradisi possono essere anche dei perfetti eremi di vacuità, come le irte dita delle scogliere di Punta della Suina: anfratti selvaggi che al tramonto si colorano di arancione, mentre le ombre si allungano sui pochi spazi sabbiosi come quelli a fianco. E sempre a Punta della Suina rocce e petrisco conducono lo stupefatto spettatore ad un mare d’incanto, in un silenzio quasi inopportuno per un Salento che vive di chiacchiericcio e musica. Nella punta della Suina più nascosta, le strutture più fashion accolgono gay e non solo gay (ma per lo più gay) amanti del silenzio e del relax patinato come Manuelo e Roberto, con lettini Suina2013rigorosamente bianchi e eterei, in un abbraccio soporifero e straniante, un evasione dal reale che Suina-MakòBeach2013si culla in quelle leggerissime onde che raggiungono le grosse pietre squadrate ed immobili, lontane dal chiasso, dalla vita, sospese in una vacuità irreale e così dannatamente provvisoria da desiderare che non finisse mai, che il sole non tramontasse. E’ il guaio della perfetta e bellissima vacuità della Suina, questa sua perfezione quasi paradisiaca, questo suo disincanto addormentato e silente, come un incantesimo sospeso in cui è facile cadere e che ti fa desiderare di restare così lontano da tutto, da amareggiarti alfine già sulla strada del ritorno verso quel Reale tsanto inevitabile, e così disperatamente in cerca della tua attenzione.

Leuca 2013Una menzione per la remota Leuca, una perla incastonata nell’estremità 2013-08-05 20.10.22pugliese, quasi un punto di approdo e ripartenza. La città bianca, col suo porto sfarzoso, il suo acquedotto a gradinate littorie, il faro che illumina oltre, da il senso della terribile finitudine del nostro essere, in quel punto dove i due mari d’italia si incontrano, due tensioni, il finito e l’infinito si sommano, si scontrano e ti chiedi dentro, in cosa posso andare oltre?, quanto il mio senso di lottare si infrangerà con la vita e chi prevarrà, la vita o la mia volontà? Leuca è questo, un bianco palcoscenico di ciò che comincia e che finisce e l’inevitabile passaggio dall’uno all’altro.

PortoCesareoLecce 2013Il viaggio in salento ha poi toccato mete bellissime, la raggiante Porto Cesareo, con le sue spiagge brevi e polverose, mangiate da un mare basso e cristallino e la accecante Lecce. Devo dire che la polverosità di Lecce, vissuta in un 4 agosto assolato ma non caldissimo, mi ha fatto ricredere sulla sua bellezza: l’avevo visitata la sera della Pizzica dell’anno scorso e non ne avevo apprezzato la grandiosità delle strutture, l’apertura del suo anfiteatro, la freschezza dei vicoli del centro. Un piccolo gioiellino, questo è Lecce, ben tenuta, e semideserta (fin troppo per una domenica di inizio agosto), piena di studi di avvocati, (perchè non ho studiato qui! sembra così facile diventare avvocati da queste parti!) e con ottime specialità culinarie locali come la Puccia, divorata in un minuscolo bar nei vicoletti dell’assolato centro.

Napoli2013GalUmbertoI_Napo2013Anche Napoli, raggiunta al termine della vacanza in Salento, per il solo sfizio di mangiare la pizza Di Michele (poi non mangiata..eravamo il tavolo  99 della serata, neanche alle poste avrei atteso tanto!) si è rivelata una sorpresa: me la ricordavo confusa e sinistra, ed invece è quello che si immagina, confusa e vivace, per niente pericolosa come si ci aspetta, (macchina ritrovata integra al parcheggio del Maschio), piena di gente discutibile, questo si (andare in motorino senza casco d’accordo, ma in quattro-madre,padre,figlio e cagnolino-,e sopra i marciapiedi per suonare a casa di una, implica rasentare il pubblico ludibrio). Maestosa e imponente, Napoli ha degli spazi suggestivi e grandiosi come Piazza Plebiscito , altri caratteristici e storici come la Galleria Umberto I (che mi ha lasciato letteralmente senza fiato, e non perché me lo avessero rubato). Insomma una città da rivalutare, anche se immancabilmente c’è quell’elemento gridato e sguaiato che non può non caratterizzare Napoli nel bene e nel male.

Tortoreto2013

E infine la mia vacanza è proseguita a Tortoreto dove io e Vic abbiamoTortoreto2013 trovato un albergo molto economico all’ultimo momento. Mai scelta fu più felice per riprendersi da una settimana intensa e bellissima come quella salentina. Il mare di Tortoreto, affacciato sul placido Adriatico abruzzese, non ha pretese marittime pugliesi, è certamente più decoroso del mare romagnolo o veneto (che dio ci perdoni per quelle fogne), si raggiunge in due ore ed è la Mecca degli sportivi:  bici, roller o runners che tu preferisca, la lunghissima pista ciclabile di Tortoreto, Alba e Giulianova ti aspetterà e sembra infinita come la vita di coloro che la abitano, dei vecchietti sportivissimi (80enni pronti a sciacquarsi in coppia tenendosi per mano o 60enni sui rollerblade sfrecciare più delle poppute ragazzine in cerca di rimorchio facile). Il paese è ideale per una casa al mare, per la gioia degli IMU-lovers ed è raggiungibile in meno tempo di Ostia. Temo che dovrò cominciare seriamente a comprare casa qui per tre ragioni:

1 si mangia da Dio,
2 è l’ideale per svernare con decorosità,
3 si ci rilassa così tanto da pensare di andarci anche fuori stagione, solo per il gusto di staccare la spina per un po’, facendosi una corsetta, o andando in giro con gli amici…

Tortoreto_2013Si Tortoreto3_2013perchè Tortoreto è pieno di amici, e romani!E così io e Vic non siamo stati soli mai! Prima con Roberto, il nostro compagno di avventure in Salento e poi con le sorelle Bonacci, colleghe di Vic, con le quali abbiamo passato 4 giorni di cene, risate, arrosticini a gogò, mangiate di pesce vip, in un clima di terribile lentezza, comunicata praticamente a tutte le strutture turistiche del posto: ore interminabili per avere un’insalata, incapacità di possedere una cosa comune chiamato Menù e forni per pizze incapaci di soddisfare più di 4 richieste per volta…insomma  l’Abruzzo è bello ed appetibile ma ancora non pronto per il turismo di massa, anche se…svegliamoci insomma!!! le strutture ci sono, è la voglia di usarle che manca!

SuinaTramontoInsomma come  giudizio finale…devo dire che i 32 anni sono stati piacevolmente sepolti da un’estate come non si vedeva da molti anni: tanta compagnia, momenti romantici, spiagge d’incanto e decorose, spese contenute, ma non per questo all’insegna della economicità…questa vacanza mi ha dimostrato che è possibile in una vacanza fare pochi passi per trovarsi davvero bene e carichi di positività, senza allontanarsi mille miglia. La felicità è dietro l’angolo, mi sembra di aver capito, basta alzarsi dal letto un po’ presto, allontanarsi dalla riva della Vita senza preoccuparsi di non saper tornare, ma anzi, sperare di tornare in un tavolo pieno di compagni, vecchi, ritrovati, nuovi o improvvisati, come me ne ha regalati questa splendida estate 2013 . 

Ritratti telefilmici: Robb Stark, d’amore e morte

robb_stark1Il Trono di Spade partorisce sempre figure leggendarie e indimenticabili. Una di queste è il giovane Robb Stark, primogenito dello sfortunato Ned Stark, re del nord, decapitato dopo aver tentato di rivendicare il Trono, per restituirlo all’erede legittimo. Una metafora della durezza della condizione di quei Primogeniti in cerca di riscatto e perseguitati dalla sfortuna. 

La storia di Robb

Robb Stark, una volta morto il padre, decide di vendicarlo, raduna le truppe del nord e dichiara guerra al nuovo robb_stark2giovane e illegittimo re bambino Joeffrey, ed alla sua spietata famiglia, i Lannister. Durante il lungo cammino di guerra della seconda dolorosa stagione di Game of Thrones, il giovane Robb crescerà. Da primogenito carico di responsabilità, suo malgrado a capo del suo regno del Nord, diventerà un “combattente stratega”, l’unico in grado di vendicare il padre, liberare le figlie dalle grinfie del perfido Re Lannister e salire sul Trono, non tanto per cupidigia, quanto per riscatto. Robb nella terza stagione si fa determinato e riuscirà a prendere decisioni difficili, uscendo dall’ombra della Madre, e mettendo in discussione i suoi stessi alleati. Resisterà all’offesa dell’ex amico Theon (che usurperà il Nord, approfittando della sua assenza) e, mentre sfida il patriarca dei Lannister con successo in una battaglia continua, finirà per sposare una giovane “infermiera” di campo, mandando a monte un matrimonio di convenienza che gli avrebbe garantito più uomini per la sua missione.

Robb, il primogenito sfortunato

Robb morirà tragicamente per mano di Lord Frey, un traditore che, offeso per il mancato matrimonio con una delle sue figlie, lo farà uccidere durante un banchetto di nozze, insieme alla sua giovane sposa ed alla Madre. La puntata rappresenta un vero e proprio choc nella trama di Game of Thrones, e rappresenta una terribile metafora di molti giovani del nostro tempo, a cui personalmente mi sento molto vicino.

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Robb impersona il terribile complesso del Fratello Maggiore per forza responsabile, quella figura che, venuti meno i genitori, si trova a crescere da solo e di corsa, per rispondere di tutto ciò che accade. Robb è il Ragazzo che cresce suo malgrado, che sente di non riuscire mai abbastanza a ricordare i padri troppo ingombranti anche se morti. Robb è il ragazzo divenuto uomo e che però compie anche scelte coraggiose, inaspettate, come sposare la persona più umile, la più diversa rispetto a quel mondo che deve sostenere tutto da solo.

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Negli occhi di Robb tanta malinconia, tanta disperazione per la terribile morte che lo aspetta e che colpisce anche sua moglie e sua madre. Robb è la crisi del Primogenitismo, è il colpo di lama della vita, che a volte distrugge le aspettative di chi combatte tanto per affermare la propria unicità.  Ma attenzione, l’eroismo di Robb Stark e di tutti i Primogeniti in cerca di riscatto sta proprio nella sua fine gloriosa, arrivata non per incapacità personale, non per un personale fallimento nella battaglia con la vita, bensì per mano di un Complotto meschino. E qui sta tutta l’umanità del personaggio, che lo avvicina  tutti coloro che non riescono a onorare un padre ingombrante e che scelgono un’altra strada non meno meritevole ma diversa, e che hanno quella terribile sfortuna di perire non per le loro scelte ma per quei Giochi meschini degli uomini incapaci di misurarsi con la sua Grandezza.

Addio Zach Sobiech: perché siamo tutti passeggeri come le nuvole

E’ morto oggi Zach Sobiech, un cantante non particolarmente conosciuto, che fa parte di quella piccolo-grande comunità di cantanti autoprodotti che riempiono le pagine di You tube con i loro video. Una goccia nel mare, una nuvola fra le altre di una giornata piovosa e incerta come quella di oggi, come quelle che riempiono le vite di tutti noi.

Zach è morto di un osteosarcoma che lo divorava da 14 anni. Tantissimi gli interventi per cercare di salvarlo. Zach ha lasciato una canzone che lo ricorderà per sempre nella rete. Si chiama Clouds e non è affatto triste, anzi metafisica ed in un certo senso spiritosa: Zach prefigura la sua fine e si immagina su una nuvola a contemplare la sua fine

” e andremo su, su, su 
ma io volerò un po’ più in alto 
andremo su tra le nuvole perché 
la vista è migliore 
quassù, mia cara 
non manca molto adesso, non manca molto…”

Quando ho letto il testo tradotto mi sono un po’ commosso perché storie come queste, forse una fra le milioni che esistono e non vengono documentate, fanno riflettere sulla Precarietà della vita, su quanto siamo Noi delle piccole-grandi Nuvole nel cielo della vita, che passiamo in questi cieli ingombri di nuvole, in cieli che altri non incontreranno  forse mai, e forse del nostro passaggio nessuno si accorgerà.

Zach ha documentato se stesso e la sua malattia nel modo più bello: mi ha ricordato le altre nuvole della mia vita che sono passate e andate via in un giorno pieno di nuvole; mi ha ricordato che siamo destinati a passare tutti. A coprire il sole con la nostra presenza, a disperderci in goccioline al primo sole più forte di Maggio; ma la cosa importante, quella fondamentale forse per vivere davvero è testimoniare il proprio passaggio, parlare al cuore delle persone almeno una volta, ricordare loro  l’importanza della vita, parlare alle altre nuvole, di quanto siano passeggere indifferenti nell’infinito della Volta.

Sono quindi felice che invece Zach sia entrato anche per una decina di minuti della mia vita, la sua nuvola ha incontrato la mia oggi e anche se per poco ne è scaturita qualche lacrima come in ogni buon temporale primaverile che si rispetti.

Private Practice: e alla fine andrà tutto bene…se si cambia

private_1Addison, la ginecologa che in amore non può che sbagliare, raggiunge l’altare con figlio al seguito. Per la gioia di tutti i combinaguai sentimentali.

Un finale senza lacrime, ed un giudizio su una Serie dal ritmo altalenante.

Ecco la lezione che arriva dal finale di Private Practice

Un finale senza lacrime

PrivatePractice2E così finalmente Private Practice è arrivato alla sua degna conclusione.
Diciamocelo, lo spin-off di Grey’s anatomy era decisamente arrivato alla frutta, narrativamente parlando. Le vicende di Addison Montgomery, la moglie di Derekl Sheppard -protagonista maschile di Grey’s, (più noto come Dottor Stranamore)- fuggita da  Seattle dopo la fine definitiva del suo matrimonio con Derek ormai fra le braccia di Meredith, hanno vissuto alterne fortune: da stagioni più fortunate, 1 o 2 su 6, ad altre dagli sviluppi improbabili, fino a stagioni dove la noia è regnata sovrana.
Private_Practice_3Eppure, per una serie partita col piede giusto e  naufragata dapprima nel dolore e poi nella noia, il finale che Shonda Rhimes ha riservato è stato giusto: Addison felicemente sposata con un personaggio tutto nuovo e diverso dai suoi amici dello Studio. E di contorno, tante felici conclusioni per i personaggi “minori”: il parto trigemellare di Charlotte (che non voleva figli), la malattia di Sheldon da combattere, il nuovo amore di Amelia dopo la follia della droga e soprattutto il ritorno di Naomi, la ex del dottor Bennet, che ha diviso l’amore per Sam proprio con l’amica del cuore Addison. In questo finale spicca anche la dottoressa Violet, che dopo la morte di Pete, decide di scrivere un libro su tutti i suoi amici, intitolandolo “Private Practice” in onore dello studio dove i suoi colleghi si sono amati, odiati e sono morti o arrivati alle mani. Nel toccante video finale Addison da la sua benedizione a Naomi e Sam, la coppia di amici che aveva contribuito a dividere, cominciando una storia improponibile e contestatissima proprio con Sam.

Gli errori di Addison

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Ma non è stato questo l’unico errore di Addison: e la stessa dottoressa lo ammette candidamente. Prima il tradimento del marito Derek con il migliore amico di lui, il dottor Sloane (poi morto in Grey’s anatomy). Poi la fuga a Los Angeles sull’onda dell’amore a prima vista con Pete, che però sceglierà (incredibilmente) l’amica psichiatra Violet, salvo poi tornare da lei con il figlio avuto dall’altra.. Ha quindi provato a legarsi con uno Swat sfinendolo di insicurezze, poi con un uomo sposato (ma non ci andò a letto), il sopra citato ritorno di fiamma con Pete (che morirà anche lui) e il terribile flirt con il suo amico di sempre Sam , con il quale la nostra ginecologa ha distrutto l’amicizia storica con Naomi, costringendola di fatto ad andarsene. Insomma, Addison non si è lasciata mancare niente. E poi si sa, a parte un uomo, Addison ha sempre desiderato avere un figlio suo. Del resto vuoi mettere: essere ginecologa, vedere tutte partorire, anche le tue amiche più care e non tu? Era troppo. La natura crudele però non le ha permesso di avere figli (un pò una punizione per il tradimento del primo marito), così Addison ha dovuto adottarlo, ponendo la parola fine ad una angoscia senza fine, quasi un pungolo che una vera necessità .

private_practice5Il personaggio è stato talmente tanto bastonato da Shonda Rhimes da apparire quasi moralmente inappetibile e odioso, una sorta di mangiauomini vestita Armani, con un ovulo solo e tanta voglia di mettere zizzania nei rapporti coniugali altrui. Eppure alla fine, Addison si redime, sposa un uomo perfetto, un ginecologo come lei, desideroso di avere figli come lei, e con un passato da dimenticare… come lei. Poco importa se per questo ha dovuto passare sopra il cuore di Sam. Serviva.

Era infatti necessario redimere un personaggio per comunicare un grande messaggio. Cambiare si Può. E cambiando tutto andrà bene. Modificando quell’idea inveterata che abbiamo di noi stessi, che non CAMBIEREMO MAI e superando i sensi di colpa che la dottoressa Montgomery ha incarnato in sei lunghe stagioni, si può arrivare alla Felicità, ad una sorta di nuovo inizio, coronato da un matrimonio.

“La seconda volta è meglio della prima – sostiene Addison nel filmino realizzato per Naomi- perché la seconda volta che ci si sposa è per sempre”. Il senso è che un’occasione nuova non si nega a nessuno. nemmeno a chi è una combinaguai patologica come Addison Montgomery e come tutti quelli come lei che in Amore hanno sempre avuto il problema di sostituire un amore passato con uno identico

Il consiglio è darsi una seconda chance e cercare quel Principe azzurro che prima o poi arriva, se si ha il coraggio di cambiare la propria propensione ad aspettarlo o meglio, se si cambia quell’odiosa propensione a credere di non desiderarlo affatto.   

Le Pillole d’Ercole @ Teatro Cassia

Pillole d’Ercole

Applauditissimo al Teatro Cassia, Le Pillole d’Ercole, in scena fino al 12 maggio, ha riportato sulla scena un classico del teatro francese di inizio ‘900, poi divenuto un film negli anni ’60, ed ora rielaborato in una chiave attualissima.

Lo spettacolo vanta la presenza di doppiatori di primordine: Massimo Corvo,  Pasquale Anselmo, Alessandra Cassioli, Angelo Maggi, Renato Cortesi, Alessandra Casale, Alessandra Arcese, Noemi Giangrande e Marco Briglione, alcuni dei quali sono voci di grandi attori Hollywoodiani (Nicolas Cage, Silvester Stallone, Angela Basset, Tom Hanks e Gerard Depardieu), che si prestano al ruolo d’attore con risultati sorprendenti

Siamo infatti di fronte ad una commedia dello “smascheramento” dove tutto l’intreccio è davanti agli occhi dello spettatore che aspetta di vedere come tutto sarà svelato e si sorprende di come tutto possa complicarsi per via di un malinteso. Dunque una grande prova per una squadra di doppiatori professionisti che non temono la prova dell’espressività ma che anzi, rendono con semplicità e schiettezza quelle “Pruderie” dell’epoca, che in parte appartengono anche al nostro contesto culturale,  con disinvoltura e sorprendente attualità.

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http://www.gufetto.it/index.php?option=com_content&view=article&id=9005:le-piccole-d-ercole-teatro-cassia-roma&catid=38:teatro-recensioni&Itemid=114&lang=en

Criptoportico @ Casa delle Culture

Criptico e a tratti spiazzante, Criptoportico di Franco Idone, in scena per solo due serate alla Casa delle Culture il 4 e 5 maggio 2013, racchiude in se tre diversi racconti dell’autore concepiti come tre atti unici, e conduce lo spettatore in un viaggio vagamente allucinato nella mente di tre donne diverse fra loro.

Per comprendere lo spettacolo bisogna seguire il consiglio della maschera narrante che introduce lo spettacolo: è necessario staccare il cervello e lasciarlo fluttuare in una dimensione “onirica” dove quelli che sembrano dei dialoghi ironici e a tratti vaneggianti su ciò che si desidera, nascondono in realtà una certa ironia sulle nostre stesse pulsioni che ci spingono a desiderare un figlio speciale, o un uomo perfetto, qualcuno che ci faccia sentire amati, a volte inutilmente.
Gli attori sono tutti a loro modo convincenti e autoironici e lo spettacolo piace per queste storie spiazzanti, dal risvolto psicologico interessante e “d’impatto”, al punto di restarne  storditi come quando ci si risveglia un po’ bruscamente da un viaggio onirico solo apparentemente breve.

La mia recensione completa su:
http://www.gufetto.it/index.php?option=com_content&view=article&id=8420:criptoportico-casa-delle-culture-roma&catid=38:teatro-recensioni&Itemid=114&lang=en

CONDANNATO A MORTE @FontanonEstate: cronache di una tragedia moderna

Un’opera delicata e profonda sul tema della Pena di Morte (presente anche Amnesty International), per ricordare quanti nel mondo muoiono “in nome dello Sato” (così si sottolinea nello spettacolo”), sempre più spesso dietro atroci sofferenze. Un’opera che Gufetto ha scelto di recensire non solo per l’importanza della tematica della lotta alla Pena di Morte, da portare sempre all’attenzione della cronaca, ma anche per la sua sempreverde triste attualità.
Davanti ad uno dei panorami più belli della Città va dunque in scena l’atrocità umana: la condanna alla pena capitale di un uomo senza nome, quasi fosse un emblema di tutti i condannati a morte del mondo. Orazio Cerino da voce ai suoi pensieri, alle sue riflessioni e frustrazioni seguendo il dettato di Hugo, con il tradizionale ritmo incalzante della propria recitazione, sempre coinvolgente, spiritosa ma anche grave e frastornante, a tratti inquietante. Si resta un po’ colpiti come da mille pietre appuntite dalle parole di quest’opera che, ancora a distanza di secoli, resta attuale, profondamente sconvolgente. Ma ciò che convince sul palco sono le buone doti di un bravo attore come Orazio Cerino, lasciato solo con un testo molto delicato che è riuscito ad interpretare entrando e uscendo continuamente dalla figura del Condannato e dei suoi carcerieri, aguzzini, rappresenti legali ed esponenti delle istituzioni, riuscendo a modulare bene voce e recitazione, gesti ed espressività in una moltitudine di ruoli, e di introspezioni psicologiche molto diverse fra loro. Così come sono molteplici i pensieri di un uomo che sa di morire.

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IL COLPEVOLE@ Teatro Studio Uno: un omaggio a Tornatore

Si tratta di un giallo godibile che ricalca liberamente l’opera di Tornatore “Una pura formalità” nella storia e nell’ambientazione e rispetta la grande teatralità del conflitto interiore del protagonista, che qui veste i panni di una donna, la profonda e sempre brava Sara Trainelli.

Presente un audiovisivo che proietta immagini legati agli scacchi, la cui simbologia è affine alle modalità di svolgimento dell’interrogatorio, in cui ognuno dei giocatori si arrocca sulle proprie posizioni difensive o di attacco. L’interrogatorio condotto dai due poliziotti è infatti duro e non risparmia anche contatti fisici piuttosto intensi (alcuni dei quali ci hanno fatto “soprassaltare”).

A fine spettacolo ci si chiede se è davvero “Facile uccidere e poi dimenticarsi” e se “le cose sgradevoli sono le più facili da dimenticare”. Certo è che la soluzione di questo intenso giallo sta nella riflessione di fondo su ciò che reale e ciò che non lo è, e sulla capacità dell’animo umano di arroccarsi in una propria realtà, spesso perdendo una drammatica partita a scacchi con la vita.

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